Nicoletti: «Tutto da rifare Ma il vero crollo è del Patt»
L’analisi post voto e le proposte per rilanciare la coalizione dell’ex deputato «Riavviciniamo i mondi fuori dai partiti. Ma no a operazioni fatte a tavolino»
TRENTO. «Abbiamo perso perché non ci siamo resi conto che la società trentina è scossa dalle trasformazioni. Non lo ha capito un centrosinistra che in campagna elettorale si è mosso con la regia del Patt. Ora sì all’allargamento alle liste civiche ma purché sia reale, non un’operazione fatta a tavolino dai partiti». Analisi non convenzionale quella di Michele Nicoletti, Pd, presidente del Consiglio d’Europa. Che qui argomenta.
Nicoletti il voto del 4 marzo ha risentito di dinamiche nazionali e internazionali.
«Certo. E’ arrivato il vento che ha portato all’elezione di Trump negli Usa, quello della Brexit. Un vento che è stato arginato in parte in Francia, dal sistema politico con il doppio turno, ed in Germania, dove c’è una condizione socio economica molto forte. In Italia il vento lo abbiamo preso in pieno. Ed il voto in Trentino ha patito sia della situazione nazionale che di quella internazionale».
In campagna elettorale ha raccolto critiche e preoccupazioni sul piano locale?
«Molte. Credevamo di avere un tessuto sociale molto forte in Trentino ma questo non possiamo più darlo per scontato. Abbiamo una società scossa dalle trasformazioni: penso al mondo della Cooperazione. La gente mi ha riportato le criticità delle Casse Rurali, delle cantine sociali, dell’Itas. Questi erano i capisaldi della società trentina. Quindi è successo qualche cosa che viene dal profondo della società trentina. Dopodiché c’è stato anche qualche cosa che non ha funzionato da parte del governo del centrosinistra autonomista trentino».
A che cosa si riferisce?
«Anche qui ci sono dei temi nazionali, sicurezza ed immigrazione su tutti. Una cosa è inseguire la destra, un’altra è fare meglio. Penso a zone dove, a Trento, degrado ed insicurezza vengono di continuo lamentate dalla gente. I cittadini continuano a dirci che facciamo troppo poco per il decoro urbano. Così come la questione dei profughi, penso solo al campo di Marco, non si può considerare un bell’esempio di integrazione e di accoglienza. Ma poi ci sono questioni tutte locali».
Quella principale?
«Un grandissimo disagio del mondo della scuola. Da anni è un settore a cui manca una guida politica ed un progetto chiaro. E’ un mondo che si sente allo sbando rispetto ad un periodo in cui la scuola trentina era un laboratorio di innovazione».
Cosa non funziona?
«La partita del trilinguismo era molto ambiziosa ma poi è stata calata nella realtà in modo non convincente. Sono venuti a galla i limiti del sistema istituzionale trentino dove, per esempio, è stata tolta la sovrintendenza scolastica. Un errore: ora la guida della scuola è tutta nelle mani della politica, senza un’intermediazione istituzionale. Si pensi solo ai trasferimenti dei presidi, tutti nelle mani del presidente Rossi. Questo fa sì che ora quelle che erano figure importanti nella cultura trentina, penso a presidi indipendenti, ora temano di far sentire il proprio parere. Hanno paura di finire in qualche valle remota…. Un errore ereditato dal governo provinciale precedente».
Al risultato elettorale Pd, Upt e (meno) il Patt, hanno risposto con una sorta di azzeramento. Punto e a capo.
«Sono scelte anche simboliche da parte della dirigenza. Serve però un’analisi di quello che è accaduto e la sinistra, anche oltre il Pd, non ha avuto una grande flessione. Quello che è crollato è stato il Patt. Dico crollato perché è stato fermo ai livelli delle politiche di 5 anni fa, nonostante la visibilità. Per di più proprio il Patt ha voluto tenere la regia della coalizione. Male anche l’Upt che rispetto ai tempi di Scelta Civica si è ridotto sostanzialmente a zero».
Ma lei ripartirebbe comunque da questo schema, dal centrosinistra autonomista, con correttivi?
«Penso che i valori e le forze sociali di questo schieramento siano ancora molto validi per il Trentino. Se guardo alle alternative non mi pare ce ne siano di realmente valide. Certo ora si deve ripartire con forza dai contenuti. Esaminare le scelte che non sono state condivise dalle persone. Serve elaborare una piattaforma di programma che possa ascoltare le critiche della gente e prenderne atto».
Che ne pensa di questo trend che sembra portare sia il Patt che, a quanto sembra, il Pd a ragionare sull’affiancamento con nuove liste civiche?
«Il centrosinistra io l’ho sempre concepito come un’aggregazione di valori e questa scelta del presidente Rossi di negare il patrocinio alla sfilata del Gay Pride non mi pare una decisione in linea con la storia del centrosinistra. Non siamo solo un’aggregazione di partiti ma anche di movimenti, di civismo, di associazioni. Quindi giustissimo rilanciare l’aggregazione con un civismo che, sino a qualche anno fa, era stato intercettato dall’Upt, dal partito dei sindaci, dalla Margherita. Oggi le esperienze civiche sono fuori dai partiti e noi dobbiamo avvicinarle. C’è un mondo che può essere interessato: ma non può essere inventato a tavolino dai partiti, ci deve essere un movimento reale».