«Nascose l’incidente sul lavoro»
La richiesta della Procura. Vitali Mardari era stato trovato morto nei boschi del Primiero. Il cadavere spostato da chi lo aveva impiegato in nero Ora il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio dell’imprenditore, con l’accusa di omicidio colposo, in violazione delle norme di sicurezza
Trento. La Procura di Trento ha chiesto il rinvio a giudizio per Riccardo Sorarù. Un anno fa, stava lavorando nei boschi del Primiero con tre operai che avrebbe impiegato in nero. Uno di loro era Vitali Mardari, il boscaiolo di origine moldava, morto sul posto di lavoro dopo il distacco di una teleferica, usata per l’esbosco.
Sorarù, che vive a Rocca Pietore, in provincia di Belluno, è accusato di omicidio colposo, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Secondo l’accusa, avrebbe trasportato in auto il corpo di Mardari, per farlo ritrovare lontano dal posto di lavoro.
La ricostruzione
Era il 19 novembre del 2018, esattamente un anno fa. Il cadavere di Mardari fu effettivamente ritrovato, solo in serata, nel bosco a Sagron Mis, nel Primiero, nei pressi di una scarpata. In un primo momento si pensava che fosse morto tagliando un albero, per conto suo. Ma diverse cose non quadravano. I Carabinieri, dopo un mese di indagini, ricostruirono una dinamica diversa, sostenuta ora anche dalla richiesta di rinvio a giudizio, avanzata dal pubblico ministero Giovanni Benelli.
Secondo l’accusa, Mardari sarebbe morto dunque mentre lavorava in nero, poco lontano, ucciso dal distacco del cavo di una linea teleferica, utilizzata per l’esbosco. Secondo la ricostruzione, Mardari si trovava in prossimità dell’ancoraggio della braca metallica. Il cavo si staccò all’improvviso e lo colpì violentemente, come se fosse una frusta. Mardari venne sbalzato una ventina di metri più a valle, dove morì sul colpo a causa del gravissimo trauma cranico.
Il suo corpo sarebbe stato dunque trasportato dal suo datore di lavoro e adagiato al lato di quella scarpata, per inscenare forse un ritrovamento fortuito. Secondo la Procura, la rottura della teleferica sarebbe da imputare a una valutazione errata della tenuta della stessa: con un carico eccessivo, di circa otto volte superiore rispetto alla resistenza massima della braca metallica. E poi sarebbero state violate altre norme per la sicurezza del lavoro: Mardari non avrebbe avuto un casco protettivo, né sarebbe stato formato adeguatamente. Gli scarponi e i pantaloni da lavoro che indossava sarebbero stati di sua proprietà.
La sua storia
Mardari era in Italia da quattro anni. Da Chisinau – la capitale della Moldavia – si era trasferito con la sorella a Santa Giustina, in provincia di Belluno. Come tanti loro coetanei, erano partiti in cerca di fortuna all’estero: lontano da un Paese la cui economia è resa ancora più fragile dall’instabilità politica.
In Italia, lei aveva trovato un lavoro stabile alla Luxottica. Lui per qualche tempo aveva lavorato in una lavanderia a Longarone. Rimasto disoccupato, aveva cercato di arrangiarsi con piccoli lavoretti, spesso proprio come boscaiolo. Così avrebbe conosciuto Sorarù che, secondo la ricostruzione della Procura, lo avrebbe fatto lavorare in nero.
Dopo la tragedia di un anno fa, la sorella aveva chiesto giustizia, in più di una occasione: «Quello che è successo è troppo grave, è come un film dell’orrore che mi passa continuamente davanti agli occhi», aveva detto. Ora sarà il giudice per l’udienza preliminare a dover decidere se accogliere la richiesta di rinvio a giudizio.