«La lotta alla droga è una guerra, niente mezze misure»
Il piano. L’ex direttore della comunità San Patrignano di San Vito chiamato dalla Provincia per elaborare un progetto di prevenzione nelle scuole: «Le droghe leggere sdoganate per troppi anni»
Trento. «Bisogna capire che è una guerra e che si deve decidere da che parte stare. Per troppo tempo il consumo di droghe è stato sdoganato e quasi dipinto come alternativo. Questo ha prodotto il disastro cui assistiamo adesso». Federico Samaden, dirigente dell’Istituto alberghiero dio Rovereto ed ex direttore della comunità di San Patrignano a San Vito di Pergine è stato incaricato dalla giunta provinciale di studiare ed elaborare un progetto per combattere il consumo di droga tra i giovani e i giovanissimi. Il suo è un approccio duro che mira a tagliare le radici anche culturali del consumo di stupefacenti.
Samaden, ormai anche i ragazzini si drogano?
È un disastro. Ci sono ragazzi di 14 o 15 anni che si fanno di eroina o cocaina.
Perché?
Il problema è che per venti o trent’anni c’è stata una campagna che ha sdoganato la droga distinguendo tra droghe leggere e droghe pesanti, facendo credere ai giovani che è bello sballarsi con quelle leggere. Ma non è vero. Il passaggio dalle droghe leggere alla cocaina e all’eroina diventa più facile perché non si pensa al pericolo. I ragazzi nella loro testa pensano che la droga sia innocua. E invece bisogna dire che la droga fa male e non serve a niente.
Ma come si passa all’eroina e alla cocaina?
Non tutti quelli che iniziano con le droghe leggere fanno il salto, ma una parte lo fa. Lo fanno anche a causa delle sostanze chimiche con cui la droga viene tagliata che danno dipendenza, ma non solo per questo. Lo fanno perché pensano che non sia pericoloso. E questo perché c’è una forte sottovalutazione del rischio e gli adulti se ne fregano.
Ma cosa bisogna fare?
Innanzitutto dobbiamo ricordarci che la responsabilità è di tutti. I figli sono un bene comune e tutti noi dobbiamo tutelarli. Invece c’è un menefreghismo totale e per anni c’è stata una cultura secondo la quale drogarsi non fa male. Purtroppo, gli unici sensibili sono quelli che i tossicodipendenti ce li hanno in casa. Per questo penso a una grande campagna culturale che responsabilizzi tutti. La vera prevenzione si fa spiegando che la droga fa male. Sempre. È una guerra e non ci sono vie di mezzo.
Cosa deve fare una famiglia che scopre che il figlio si droga?
Per prima cosa deve esserci, deve stare nella vita dei propri figli, seguirli, parlarci. Non si può delegare ad altri. Ci si deve occupare dei propri figli in prima persona. Si deve alzare la testa.
Dal punto di vista pratico che mosse ha intenzione di fare?
Sono convinto che bisogna aprire una comunità per minorenni anche in Trentino. Attualmente non ce ne sono. Ci sono quattro comunità per adulti, ma neanche una per i giovani e giovanissimi. E i dati dicono che invece ce n’è un gran bisogno. Poi sono convinto che si debba ridisegnare l’accoglienza. Anche le comunità che ci sono vanno valutate in base ai risultati effettivi. Va verificato se i loro metodi sono efficaci. Sono soldi pubblici. E poi si deve combattere la dispersione scolastica. Poi noi pensiamo a una lista di scuole no drugs che seguano un decalogo di azioni contro il consumo di stupefacenti.