L'Unità d'Italia recitata dagli immigrati
Anima Mundi sta cercando di allestire uno spettacolo. Ambientato al ristorante
TRENTO. Un secolo e mezzo di Italia unita da celebrare in tante salse: anche al ristorante. Un ristorante atipico, senza offesa e senza inganno. Un ristorante che vuole far pensare - oltre che divertire - in una teatralità multilingue. Insomma, un ristorante dove gli attori stranieri, immigrati, raccontano l'Italia di oggi: multietnica. Se c'è da celebrare una nazione - e c'è da celebrare chicchè blaterino i leghisti - beh quella celebrazione deve tenere conto di come e di quanto l'Italia è cambiata. Dei 150 anni di Italia unita, gli ultimi corrono come la Freccia Rossa sui binari dell'alta velocità. L'Italia degli immigrati si può pure ipocritamente negare. Ci si può barricare dietro le paure. Ma il treno corre, corre forte (è la storia che corre). Ecco perchè il «Ristorante fratelli d'Italia», che prossimamente aprirà a Trento solo su un palcoscenico,merita attenzione già dall'attuale fase di progettazione. Il laboratorio che lo produrrà se troverà sostegno (la pecunia), è quello di «Anima Mundi»: una realtà che evolve l'esperienza de «La Strana scena/ieri». L'esperienza, cioè, di quel teatro multietnico che ha visto in Roberto Marafante, regista di corso lungo più fuori che dentro il Trentino, un appassionato promotore. «La strana scena/ieri» è stata l'occasione fornita ad un gruppo di immigrati di varie etnie - (afgani, turchi, africani del nord e del sud, rumeni, slavi) - di esprimersi atttraverso il teatro. Una scommessa che Marafante ha assecondato con entusiasmo ma anche con inevitabile fatica, sfruttando tutte le competenze costruite in decenni di regie, (più di una cinquantina), in tutta Italia. Mica è semplice, infatti, inventare come attori - pur senza pretese di professionismo - persone che parlano lingue diverse, che spesso sono precari nel lavoro e nell'esistenza, (immaginarsi se possono essere stabili negli impegni teatrali), che hanno culture agli antipodi tra loro. Eppure il gioco a Marafante è riuscito. Tanto da mettere in scena un'Eneide e una Natività dove l'emozione e l'entusiasmo dei protagonisti si intrecciavano con i sentimenti del pubblico. Qualche peripezia ha portato «La strana scena/ieri» a qualche defezione. Ma uno zoccolo duro di immigrati che si sono via via innamorati della recitazione è rimasto. Ed è nato Anima Mundi che a Marafante ha di nuovo chiesto aiuto e che si appresta ad allestire, (per inizio anno), questa idea un po' sorprendente di far raccontare l'unità d'Italia agli stranieri. Il punto di vista dei «nuovi italiani» che, lavorando, hanno diritto a non campare ai margini. Roberto Marafante si tiene sotticoperta. Il laboratorio è agli inizi. Testo e trama sono un cantiere che subisce le variante d'opera che arrivano dagli imput della decina di protagonisti. Ma il regista assicura che il filo conduttore sarà quello di un serissimo divertimento. Un «servizio a tavola» di culture, impressioni, usanze, riflessioni. E, se si potrà, anche di piatti veri. E stranieri. Il tutto nell'ottica dei «fratelli d'Italia». Ma un'Italia dell'accoglienza, dell'intergrazione e della valorizzazione delle diversità contro l'Italia dell'odio impaurito. Gli immigrati di Anima Mundi ci credono. Si danno da fare - ed è un grande impegno - per mantenere unito un gruppo. Ma è un'esperienza che fino ad oggi le istituzioni - sia culturali che politiche - hanno ignorato. E non solo finanziariamente. Mica è bello. Mica è giusto. Ma c'è tempo per informarsi. E per rimediare.
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