Irene Grandi: «Grazie al genio di Bollani sarò jazz e blueseggiante»
Il duetto evento questa sera in Val di Fassa. E la sua «visione» artistica
TRENTO. Non ha certo bisogno di presentazioni Irene Grandi, l’artista dei tormentoni, (ma di qualità indubitabile per testi, musica e grinta interpretatativa), soprattutto estivi. Da “Bruci la città”, a “La cometa di Halley” passando per “Prima di partire per un lungo viaggio”, oppure “La tua ragazza sempre”, ma anche le intramontabili “Bum Bum” e ancora “In vacanza da una vita” e “Dolcissimo amore”, “Bambine cattive” e “L’amore vola”.
E’ Irene Grandi con tutta la sua attitudine rock quella che presenta il progetto che la vede con Stefano Bollani e I Vision ari chiudere gli appuntamenti de I Suoni delle Dolomiti il 31 agosto alle 21 al teatro Navalge di Moena.
Innanzi tutto, che rapporto hai con la montagna e quindi come stai immaginando questo concerto?
E’ un po’ un tuffo nel passato, quando si andava in vacanza dalla nonna e in Abetone, si raccoglievano i mirtilli e i funghi preludio di grandi abbuffate. Quindi mi immagino un momento di passeggiate, chiacchiere e un rapporto più raccolto con le persone che verranno a sentirci. Nella mia fantasia, mi vedo salire a piedi e arrivare sul palco con gli anfibi, ormai sostituiti alle scarpette con il tacco, stare sui prati con le persone in mezzo alla natura dove ben si fonde la musica.
E si arriva alla musica, come nasce il progetto con Bollani? Di cui tra il resto è in uscita in autunno il disco che già sta creando grande attesa per la Carosello Records?
Sono dieci anni che ne parliamo e questo è il momento giusto. Il concerto non sarà la presentazione del disco, ma un gustoso mix di gioco sulla falsariga di ciò che confluirà nel disco e di ciò che abbiamo già proposto assieme. Con Stefano (Bollani, ndr) abbiamo spesso duettato su canzoni mie, ma anche su cover e improvvisazioni. Poi in Trentino sarò anche accompagnata da i Visionari, con cui ho pure già lavorato e posso assicurare che sono versatili e curiosi. Fare musica assieme è una gioia.
Per cui dobbiamo attenderci un’Irene meno rock?
L’indole rimane rock, perché è un modo di essere e un’attitudine, però penso che, grazie a questa avventura, esce più la mia anima jazz e blueseggiante. Le mie canzoni quindi hanno assunto una dimensione più intimista grazie all’accompagnamento di Stefano al piano.
Com’è lavorare con un musicista che ha la nomea di essere sperimentatore e spesso evade dagli spartiti ?
E’ emozionante, perché non sai mai cosa succederà e ciò è rischioso soprattutto quando dai il là ai pezzi. Non sai mai se sarà lento, veloce, però la grande dote di Stefano è quella di saper ascoltare e di essere generoso. Ciò fa sì che lui ti ascolti e ti cerchi .
Tu hai duettato con moltissimi artisti. Chi hai nel cuore?
E’ difficile fare un bilancio, perché il live è un grande banco di prova, sebbene ora apprezzi più l’atmosfera da studio di registrazione e le melodie. Se devo fare dei nomi, ho il ric. ordo di un duetto magnifico fatto in Burkina Faso durante un viaggio solidale, dove durante una jam session ho conosciuto Alif Naaba, un artista di un’eleganza naturale. Si fece un concerto quasi del tutto improvvisato, in cui abbiamo mischiato parole di tante lingue diverse con un’armonia che incantò il pubblico. Penso che lui sia un interprete davvero particolare e so che ora ha un nome in Francia. Allo stesso tempo, ricordo come un bellissimo periodo quello del sodalizio con Vasco Rossi, che riuscì a leggermi dentro così bene da creare alcune canzoni che indossavo come un vestito tagliato su misura. Ricordo quando incidavamo nel suo studio personale: lui saltellava sulle note della canzone “La tua ragazza sempre”, lo trovavo molto divertente come il suo scaramantico modo di voler festeggiare il successo delle canzoni quando ancora non erano uscite. Da come parli sembra non ti accorga di essere una delle pagine della storia della musica italiana. Non hai questa percezione? Il nostro è un mestiere in cui si guarda sempre avanti e nel mio percorso ho sempre cercato di cambiare dal rock al jazz al blues con incursioni nel repertorio di canzoni per Natale il sodalizio con Bollani. Coltivo il gusto alla curiosità e il successo mediatico è sempre qualcosa su cui non fare affidamento, anche perché con il tempo le cose sono cambiate molto.
Cosa intendi?
Che le case discografiche non investono più, a parte Caterina Caselli con la Sugar che coltiva i suoi talenti. Una volta, prima di fare un tour dovevi avere un nutrito repertorio con vari dischi. Ora invece hai due canzoni e sei già sotto i riflettori, non ti fanno crescere e non ti danno il tempo per cercarti e farti le ossa e il repertorio. Invece, credo si debba cercare il confronto e l’incontro con gli altri artisti senza l’ansia da prestazione, da successo, da copertina, che in realtà durano il tempo che durano.
Tu come vivi il meccanismo?
Mi ci sono tolta. Ero arrivata al punto in cui non sapevo più se mi piaceva fare il mio lavoro, se davvero era ciò che volevo. Mi sono fermata e ho fatto un passo indietro. Sono andata alla ricerca di un equilibrio, di sentimenti ed emozioni con cui innaffiare la mia anima e trovare qualcosa di nuovo da dire.
Sembrerebbe quasi un bilancio di vita
Mah, a quarant’anni per una donna penso sia normale guardarsi dentro e decidere quale senso dare all’esistenza. Io ho ritrovato l’amore per il mio lavoro che è la mia vita, la voglia di cantare con il cuore, di farmi ispirare nelle canzoni che scrivo dalle emozioni, dalla natura, dalle storie mie e di chi mi circonda. E per fare tutto questo ho dovuto fermarmi e guardarmi di nuovo attorno e dentro, ritrovarmi più intimista e autentica, con la voglia di incontrare chi mi sta di fronte.
E il rock?
Quello c’è, ma è il tempo delle sfumature e delle melodie, abbassare i watt degli amplificatori. La “botta” di migliaia di watt è bella, ma per quella ora non ho spazio. Con Stefano, che è così raffinato, ho ritrovato la voglia di strumenti dolci e arrangiamenti. Strumenti come archi, fiati, violoncelli e arrangiamenti, con le pause e gli spazi vuoti. Il pop di oggi mi stufa anche per l’ipoproduzione che viene propinata. Ci sono artisti emergenti come Michael Kivanuka, che apprezzo per le melodie. La passione per la musica, ma penso per qualsiasi lavoro, è un fuoco che si alimenta e quando lo ritrovi, come è capitato a me, si auto alimenta velocemente. Spero di riuscire a trasmettere tutto questo quando canterò in mezzo alla natura quel pomeriggio sotto il sole.
Quanto a Stefano Bollani, da lui per Irene Grandi arriva solo una grande stima: «Quello con Irene e con i Visionari - dice - è un incontro tra amici. Conosco Irene da tanto tempo e abbiamo fatto tanti concerti insieme. In seguito, le occasioni si sono un po’ diradate, ma ritrovarsi è ogni volta una festa. La canzone mi ha sempre affascinato. Avrei voluto fare il cantante e scrivere canzoni, ma ho abbandonato l'idea, perché ho troppa ammirazione e invidia per chi ha saputo dire quelle cose in tre minuti: McCartney, Lennon, Billy Joel, Modugno, De André, Dalla. Condensare così tanto in così poco tempo è una forma d'arte particolarmente adatta ai nostri tempi».
©RIPRODUZIONE RISERVATA