Il centrodestra diserta: dopo Salvini, forfait di Garavaglia e Brunetta
Pochissimo governo nelle sale. La manifestazione diretta da Tito Boeri «sconta» il cambio di maggioranza politica e al Teatro Sociale, con la viceministro M5s Castelli, tanto Pd sul palco. In platea la caccia al selfie con l’organizzatore e un clima molto critico verso la pentastellata
Trento. Il centrodestra diserta il Festival. Dopo il non pervenuto di Matteo Salvini, ieri non si sono fatti vedere al teatro Sociale né il viceministro all’economia Massimo Garavaglia (Lega) né Renato Brunetta che per Forza Italia, ai tempi del Cavaliere, aveva retto il dicastero dell’innovazione. Così ad affrontare il proibitivo tema de “La guerra del debito” la viceministro pentastellata (di Tria) Laura Castelli si è trovata su un palco con praticamente tutti interlocutori del Pd, o molto vicini ai Dem; a partire dall’ex ministro Carlo Padoan, passando per mister spending review Carlo Cottarelli, sino a Giampaolo Galli economista e già parlamentare proprio del Pd.
A Laura Castelli, che vanta una laurea triennale in economia aziendale e la gestione passata di un Caf, non fa difetto nè la grinta e (secondo i maligni) nemmeno la faccia tosta visto che in un dibattito tv sullo spread da Bruno Vespa pietrificò proprio Padoan con un «Questo lo dice lei».
Tre a uno sul palco
Ma ad essere onesti, anche numericamente, il confronto al Sociale (bigiato pure da Lucia Annunziata che avrebbe dovuto moderarlo) è apparso piuttosto sbilanciato per Castelli: che non solo era l’unica voce del governo ma che ha dovuto fare i conti anche con una platea tutt’altro che disomogenea. E qui va aperta una parentesi: da anni le sale del Festival fanno il tutto esaurito grazie alla presenza di giovani economico-entusiasti che vengono invitati da diverse parti d’Italia o anche con la formula dello scuola lavoro. Ieri decine e decine di trentini, non solo addetti ai lavori, sono rimasti fuori dal Sociale (vabbè, si dirà, i maxi schermi ci sono anche per questo) mentre tra gli stucchi del Sociale si erano accomodati giovani per i quali il trofeo più ambito è apparso il farsi un bel selfie con il curatore scientifico della manifestazione, sì Tito Boeri. Come la pensasse il giovane pubblico lo si è capito, oltre che dal brusio e dalle risatine disseminate ad arte durante il dibattito, anche dalla domanda finale di uno di loro che (tra le ovazioni dei colleghi) ha chiesto a Castelli come «si trovasse a parlare di evasione di fiscale sedendo in un governo con una Lega che ha sottratto allo Stato 49 milioni di euro».
Il selfie con Boeri
É parso a molti che quello che sarà con tutta probabilità l’ultimo Festival a trazione Boeri sconti quello che sono stati i pregi ed i difetti di una connotazione politica che, ora, la nuova maggioranza nazionale (ed in parte locale) non hanno grande voglia di avvallare con la propria presenza. E da qui i forfait di tutti i big e, non a caso, solo i Cinquestelle non hanno declinato l’invito. Detto questo, ed una sorta di bilancio si doveva tratteggiare visto che oggi il Festival va in archivio, il tema dell’incontro era per l’appunto il debito, con l’amministrazione Conte che ha avuto l’ardire di sforare le cifre imposte dall’Europa. E su cui, proprio l’Ue, la settimana prossima farà sapere come intende muoversi dopo aver ricevuto il carteggio di spiegazioni spedito dal Mef.
Ricette diverse
Tutti d’accordo, per carità, sulla necessità di ridurre il debito pubblico italiano, che è pari al 133% del Pil. Ma quali ricette adottare? Fare più deficit non è una è una formula, ha notato Cottarelli, che in passato ha portato bene ad alcun Paese: «Studiando i Paesi che negli ultimi 75 anni sono riusciti a ridurre il debito si vede che il sistema più virtuoso è quello del cosiddetto “aggiustamento ortodosso” che è riuscito solamente ad una decina di Paesi, ad esempio Nuova Zelanda e Belgio. Si tratta in sostanza di fare le “formichine” aumentando l’avanzo primario, senza ovviamente ammazzare l’economia. Non ci sono casi – ha aggiunto – di Paesi che abbiano ridotto il debito facendo più deficit al fine di far ripartire l’economia».
Castelli, ovviamente, si è detta per nulla convinta dell’analisi di Cottarelli: «Un approccio che non tiene conto di un fatto. Il cosiddetto aggiustamento ortodosso non mi sembra abbia funzionato, perché in quei Paesi dove è stato realizzato è aumentato il debito privato dei cittadini. La sociologia conta moltissimo, ed io penso che per il nostro Paese non sia la strada giusta. L'Italia ha smesso di credere negli investimenti. Ci vorranno almeno 10 anni per invertire la tendenza. Stiamo lavorando sul mondo delle detrazioni, sulla lotta all’evasione e sulla digitalizzazione dell’amministrazione pubblica. Nel primo trimestre di quest’anno – ha detto – ci sono stati 5 miliardi in più di entrate dello Stato rispetto al trimestre precedente, di cui 1,5 miliardi dalla fattura elettronica e il resto dalla lotta all'evasione, questo grazie agli strumenti inseriti nel decreto fiscale».
I dubbi di Padoan
E Padoan? «Quello del debito è un problema di fiducia che viene meno. Per avere crescita bisogna investire sulle tecnologie e sul capitale umano e aumentare il surplus primario. In Italia il tasso di interesse è più elevato del tasso di crescita. La crescita non può dipendere dall'aumento del deficit. Credo che la prossima manovra di bilancio sarà decisiva per il futuro dell’Italia nei prossimi anni». La settimana prossima pallino alla Ue. G.T.