FESTIVAL ECONOMIA 2011Mucchetti: "Contro la crisi più senso civico"
Il giornalista: ancora possibili truffe come quelle di Parmalat e Cirio
TRENTO. E' uno dei massimi conoscitori dell'economia italiana. Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della Sera, ex vicedirettore dell'Espresso, parlerà al Festival questa sera alle 21 al teatro Sociale sul caso Parmalat. Ne discuterà con l'economista Marco Onado. Il caso Parmalat è emblematico per come le autorità di vigilanza non hanno funzionato, con migliaia di risparmiatori che hanno perso i loro risparmi. Era prevista la presenza dell'amministratore delegato di Parmalat Enrico Bondi che, però, ha dovuto disdire per ragioni di opportunità.
Mucchetti, secondo lei sono possibili nuovi casi Parmalat e Cirio in Italia?
Parmalat e Cirio difficilmente si ripeteranno tal quali, ma la fantasia dei furbi è immensa, dunque non mi sorprenderei di nuove truffe.
Il governatore della Banca d'Italia ha detto che il declino dell'Italia non è ineluttabile. Secondo lei da dove si può ripartire?
Mario Draghi ha già indicato 8 punti che costituiscono un programma di governo, largamente condivisibile: dal rilancio delle opere pubbliche già finanziate ma ferme al coinvolgimento delle donne, dalla riforma della giustizia civile a nuove relazioni industriali più aderenti alla diversa realtà delle imprese, dai tagli mirati e non più indiscriminati alla spesa pubblica alla riduzione delle aliquote fiscali sui redditi di lavoratori e imprese finanziata con il recupero dell'evasione. La difficoltà è nell'esecuzione. Che richiede consensi vasti e competenze forti oggi assai poco disponibili sulla piazza.
Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, pur lodato da più parti per aver tenuto stretti i cordoni della borsa, è stato criticato da Draghi.
Il Governatore sostiene che i tagli lineari, pur efficaci nell'immediato sui conti pubblici, sottraggono un 2% di Pil alla crescita nel giro di 3 anni. Ma per fare tagli mirati ci vorrebbe un altro governo sostenuto da un'ampia maggioranza per resistere alle lobby. Padoa Schioppa ci aveva provato e il governo Prodi è caduto.
Lei è stato molto critico con la Fiat in occasione dell'accordo di Mirafiori.
La questione sindacale ha un peso marginale sui conti della Fiat. Fatti gli accordi sindacali, bisogna fare le macchine che il pubblico possa acquistare. E queste ancora non si vedono.
Si parla molto di riforma fiscale, ma in questi anni la pressione fiscale è aumentata e il cosiddetto cuneo fiscale in Italia è il più alto d'Europa. E' realistico pensare che possa essere ridotto grazie alla lotta all'evasione?
No. Il contrasto all'evasione va fatto, e può dare molto. Ma se si vuole fare la differenza alla svelta, si deve spostare una parte dell'imposizione diretta a quella indiretta laddove ancora sussistono sconti non più ragionevoli. E poi quanto si toglie dai redditi da lavoro e d'impresa andrà compensato con qualcosa sul patrimonio. So che è impopolare, ma non vedo alternative migliori.
Pensa che il governo Berlusconi possa, nei due anni che gli restano, invertire la rotta e rendere più robusta la crescita?
Temo non ne abbia la capacità e, a questo punto, nemmeno la forza. Ma vorrei tanto sbagliarmi perché il Paese viene prima del successo politico di una parte.
Secondo lei quali sono i freni più robusti che impediscono che l'Italia abbia una crescita al livello di quella degli altri paesi europei?
La forza delle corporazioni e lo scarso senso civico. Non è un caso se le zone più ricche sono anche quelle, come il Trentino, dove Robert Putnam trovava il maggior capitale sociale, che, nel linguaggio dei sociologi, sta per fiducia nell'altro e nelle istituzioni, ovvero rispetto delle regole nella competizione e spirito di collaborazione dov'è utile.
La crisi è finita oppure c'è il rischio di ricadute?
La crisi non è finita. Abbiamo perso 7 punti percentuali di Pil e ne abbiamo recuperati 2, la produzione industriale è ancora sotto del 17% rispetto al massimo dei primi del 2008. Di che parliamo?
Questa edizione del Festival è dedicata ai confini della libertà economica. La crisi è stata causata da un eccesso di libertà e dallo strapotere della finanza. C'è stata qualche correzione oppure si continua quasi come prima?
Condivido la sua analisi e osservo che, diversamente dagli anni Trenta, quando una classe dirigente nuova portò al potere le Cassandre degli anni Dieci e Venti e rivoltò come un calzino il quadro normativo e la politica economica, oggi prevale una tremebonda cautela. Anche perché al potere è rimasta una classe politica ancora troppo legata al capitalismo finanziario che ha menato la danza negli ultimi trent'anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA