Comunità di Valle, un tesoretto da 315 milioni

Saranno i nuovi enti a gestire il fondo per gli investimenti comunali. Più potere nella distribuzione dei contributi che si aggiunge ai budget per le nuove competenze


Luca Petermaier


TRENTO. La riforma istituzionale che ha creato le Comunità di Valle è «a costo zero», nel senso che - come hanno sempre spiegato Dellai, Gilmozzi e il padre della legge, Bressanini - non introduce sostanziali spese in più rispetto ai costi dei Comprensori. Ma con le nuove competenze le Comunità si troveranno a gestire un tesoretto inedito di 315 milioni di euro.

Inedito perché quei soldi - mica bruscolini - i Comprensori li vedevano con il binocolo. Si tratta delle somme che formano il Fondo degli investimenti comunali di rilievo provinciale, fondo che fino alla riforma che ha modificato gli assetti istituzionali in base al principio di sussidiarietà era gestito direttamente dalla Provincia e che ora verrà ripartito tra le varie Comunità di Valle. In sostanza, da oggi saranno le Comunità a decidere se e quali opere comunali (di interesse provinciale) meritano di essere finanziate e quali no.

Funziona così. Le competenze su edilizia agevolata, servizi pubblici, sociale e urbanistica - di per sé - non determinano una lievitazione dei bilanci delle Comunità. Queste competenze erano gestite prima su delega della Provincia e come tali finanziate ai Comprensori. Ora i finanziamenti continuano, ma le competenze non sono più delegate ma cedute. In termini finanziari cambia poco, sotto il profilo politico molto visto che le Comunità di valle potranno scegliere (entro una certa cornice dettata da Piazza Dante) come redistribuire le risorse.

Il nuovo assetto che si determina con la legge di riforma, tuttavia, ha convinto il legislatore a rafforzare ulteriormente il ruolo delle Comunità cedendo loro un piccolo tesoretto prima gestito in via diretta. Si tratta, come detto, di quel «fondo per gli investimenti» al quale i Comuni potevano attingere per opere di rilevanza provinciale. Bastava andare a bussare in Provincia, presentare domanda e attendere l'eventuale contributo sulla base di una graduatoria. La procedura e la scelta - come è evidente - rimaneva tutta in capo alla Provincia che decideva come ripartire i soldi.

Ora le cose cambieranno. La gestione del fondo non sarà più in capo alla Provincia ma passerà alle Comunità attraverso una equa redistribuzione. Sul piano finanziario questo andrà ad incrementare i bilanci dei nuovi organi (senza tuttavia aumentare la spesa complessiva) ma soprattutto andrà ad accrescere la discrezionalità politica delle Comunità dalle quali passeranno tutte le decisioni su quali opere comunali meritano un finanziamento.

Dal punto di vista finanziario la questione è ancora da definire. Ad ottobre dovrà essere firmato un protocollo d'Intesa sulla finanza locale tra Provincia e Consiglio delle autonomie che definirà le modalità distributive del «tesoretto». I soldi potrebbero essere dirottati direttamente nei bilanci delle comunità, ma potrebbero anche finire ai singoli comuni che però li dovranno gestire in modo associato attraverso la Comunità. Insomma, da qualsiasi parte la si veda, i nuovi enti intermedi acquistano maggiore centralità nelle scelte rispetto ai Comprensori. Naturale che ora la politica ambisca ad occupare questi nuovi (e più forti) centri di potere.













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