«Bollino» duplicato multa da 20mila euro
Coppia di imprenditori accusata di avere fotocopiato il permesso. La difesa: «Lo usavamo in momenti diversi»
TRENTO. I parcheggi sulle strisce blu sono costati cari a due imprenditori trentini: diecimila euro a testa di “multa”. Non si parla naturalmente di un banale divieto di sosta ma di qualcosa di più grave: la coppia è stata accusata di avere fatto due fotocopie del permesso di sosta per aziende a tariffa agevolata, comunemente noto come “bollino”. A scoprire tutto un vigile urbano, che durante un controllo si è accorto che due vetture esponevano un permesso con lo stesso numero: è emerso che un’auto era usata da un imprenditore e l’altra da una sua dipendente.
Gli accertamenti successivi hanno portato alla denuncia per falso materiale in concorso a carico dell’imprenditore e di un suo collega, che si sono visti recapitare un decreto penale di condanna di 10.250 euro ciascuno. L’episodio risale al luglio dell’anno scorso e ieri è approdato in tribunale, a Trento, dopo che gli avvocati degli imprenditori, Maura Cravotto e Marcello Paiar, avevano presentato ricorso contro il provvedimento del giudice. Il permesso viene rilasciato da Trentino mobilità alle imprese della zona interessata dai parcheggi blu a pagamento e costa 600 euro l’anno. Possono fruirne, recita il regolamento, "dipendenti che svolgono turni di lavoro in orari non adeguatamente coperti dal servizio di trasporto pubblico ed in numero proporzionale al numero dei dipendenti del turno disagiato”. Lo stesso tagliando, da esporre ben visibile sul cruscotto, può essere utilizzato da più dipendenti, ma deve essere passato di mano in mano: non se ne possono avere copie per evitare un utilizzo improprio dello stesso. I due imprenditori avrebbero pensato quindi di farsi le fotocopie in casa, a colori e delle stesse dimensioni dell’originale, che è utilizzabile solo nella zona di “seconda corona”, lontana dal centro storico ma comunque a pagamento.
La difesa ha precisato che la riproduzione era stata effettuata al solo scopo di semplificare la vita ai colleghi, abitando questi in zone diverse e non riuscendo a consegnarsi l’originale di volta in volta: l’utilizzo però - sostengo i legali - non avveniva mai in contemporanea, ma in momenti diversi e comunque in virtù di un diritto di utilizzo regolarmente pagato. Solo quel giorno entrambi esponevano il permesso perché uno degli imprenditori, al suo arrivo, pensava che la dipendente fosse già andata a casa. Un altro motivo addotto dai due avvocati è che le stesse vetture fossero state trovate diverse volte in sosta vietata, senza quindi che fosse stato usato alcun permesso. L’udienza di ieri è stata rinviata. La dipendente invece, accusata dell’uso e non della fabbricazione del permesso, era stata assolta in udienza preliminare con rito abbreviato.
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