Attentati anarchici: cinque indagati
Le accuse di associazione sovversiva e terrorismo riguardano le esplosioni alla Meccatronica e al tribunale di sorveglianza
TRENTO. Due gli episodi: l’attentato incendiario (parzialmente fallito) alla Meccatronica di Rovereto e la bomba artigianale fatta scoppiare davanti agli uffici del tribunale di sorveglianza di Trento. E almeno cinque gli indagati. A dare la notizia sono gli stessi anarchici trentini con la pubblicazione di un intervento su una piattaforma di informazione. E le accuse che vengono rivolte sono pesanti. Per entrambi i fatti (ma non è detto che a tutti gli indagati vengono contestati i due gli episodi) si parla di attentato per finalità terroristiche o di eversione e due violazioni della legge sulle armi. Per l’esplosione davanti al tribunale della sorveglianza c’è anche la contestazione del 270 bis, ossia associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Per quanto successo alla Meccatronica, invece c’è l’accusa di danneggiamento a seguito di incendio. Reati gravi per i quali procede la procura di Trieste. Sì perché con la bomba artigianale (si trattava di un bombola a gas da campeggio sistemata in una pentola a pressione con della diavolina all’interno) sono stati coinvolti degli uffici giudiziari e come persone offese ci sono quindi due magistrati trentini (Arnaldo Rubichi e Ettore di Fazio). E in questi casi la competenza passa a Trieste. Che lavora a stretto contatto con la Digos trentina che ha svolto indagini e accertamenti per entrambi gli episodi.
Ma non è finita. Ai cinque indagati (tre si sono rivolti come avvocato di fiducia a Giampiero Mattei) è stato chiesto anche di permette il prelievo del dna, probabilmente per un controllo successivo. Richiesta alla quale gli anarchici si sono opposti. E quindi la procura dovrà ricorrere alla procedura di prelievo coatto. Che prevede il passaggio dal gip che con parere motivato dovrà decidere se obbligare o meno i cinque indagati al prelievo di tracce di dna. Un provvedimento che sarà preso se verrà ritenuto necessario ai fini delle indagini. La richiesta del prelievo del dna probabilmente risponde a delle necessità investigative e si può ipotizzare che sul luogo dei due attentati sia stato rinvenuto del materiale biologico con il qual si voglia fare un confronto. Ma questo probabilmente lo si potrà sapere solo se e quando il giudice darà l’ordine di prelievo coatto. Dei cinque indagati una parte risiede fuori provincia e almeno uno è trentino. Sull’indagine che ha portato alla loro individuazione e alle pensati accuse che vengono mosse non trapela assolutamente nessun particolare.
Ma quali sono i fatti che hanno portato a queste imputazioni? Vediamoli
Meccatronica. Nella notte fra il 6 e il 7 gennaio del 2014 qualcuno era riuscito ad introdursi nel Polo della Meccatronica di via Zeni cercando di appiccare il fuoco al quadro elettrico, danneggiando anche una porta, al piano terra. Non un ragazzata visto che vicino ad uno degli inneschi era stata lasciata una bombola di gas collegata con un cannello ad una stanza chiusa. Stanza che saturata dal gas sarebbe diventata una rudimentale bomba. Quindi la volontà è chiarissima: provocare un disastro. Ma, per fortuna, le cose non erano andate così. I danni sono stati limitati e nessuno si era ferito.
Tribunale di sorveglianza. Erano le 5.12 della mattina del 28 gennaio (sempre del 2014) quando un boato a svegliato i residenti della zona di via Aconcio. Un attentato con una bombola di gas da campeggio fatta esplodere con un ingegnoso marchingegno. Era stata messa dentro una pentola a pressione con della diavolina accesa. Quando la pentola è arrivata a pressione, l'ordigno è esploso mandando i frantumi i vetri di una finestra del Tribunale di sorveglianza, di un ufficio provinciale e strappando letteralmente le lastre del controsoffitto in lamiera. Per evitare feriti la zona era stata transennata probabilmente dagli stessi attentatori.