Annessi? Macché, riunificati
Cortina, Fodom e Colle chiedono, gardenesi e badioti nicchiano
ORTISEI. La Ladinia è un luogo immaginario. O forse no. È un desiderio, un destino, un'opportunità. O forse no. Forse semplicemente non esiste una Ladinia, ne esistono tante: un'aspirazione condivisa costruita attorno alle bastionate del Sella. Ma quella è roccia, mica acqua e le montagne possono dividere almeno quanto riescono ad unire. Tante Ladinie, tante teste, tanti sguardi diversi su quei paretoni gialli e neri mai identici a se stessi. Basta spostarsi di poco e cambia tutto. Esattamente quanto sta accadendo in questi giorni dopo che Cortina d'Ampezzo, Livinallongo e Colle Santa Lucia hanno imboccato con decisione la strada del referendum per chiedere il distacco dal Veneto e l'annessione alla Provincia autonoma di Bolzano. Questi i fatti nudi e crudi. Ma ad essere proprio precisi precisi, i promotori della consultazione - vale a dire l'Union de i Ladins de Anpezo, da Fodom, da Col, e la Consulta ladina che li racchiude in un unico organismo - non parlano di annessione bensì di «riunificazione dei rispettivi territori alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, ingiustamente separati a seguito della Prima Guerra Mondiale e, contro la volontà della popolazione, aggregati alla Regione del Veneto». Riunificazione dunque, non altro, nel nome della comune identità ladina con i fratelli separati della Val Gardena, della Val Badia e della Val di Fassa visto che «la minoranza ladina dei tre Comuni bellunesi, non avendo le tutele dei ladini che vivono nella vicina regione autonoma, sta subendo continuamente depauperamento di tutti i suoi valori con l'espulsione dei residenti, sempre più soffocati e costretti a subire gravissime imposizioni esterne».
Insomma, un grido di dolore che parte da lontano e che solo ora, dopo molti tentativi abortiti nel corso degli anni, è riuscito ad imboccare la strada della rivendicazione politica. Rivendicazione che, proprio per come è stata impostata l'intera faccenda, ha nella questione della ladinità di Cortina, Colle e Livinallongo il proprio cuore pulsante. Non una semplice richiesta di autogoverno territoriale quindi, ma l'esplicitazione di un sentimento di appartenenza, cioè qualcosa di molto diverso e di più profondo. E anche di più complesso. Con un rischio intrinseco (in)consapevole, cioè quello che se - per qualsiasi motivo - fosse messa in dubbio l'effettiva ladinità dei tre Comuni, perderebbe immediatamente di slancio e vigore anche la richiesta di lasciare il Veneto per raggiungere altre sponde. Per la gioia di Galan. Già oggi - ma non poteva essere diversamente - qualcuno parla di richiesta strumentale cammuffata con motivazioni pseudoculturali. A fare gola - si dice - in realtà sarebbero infatti le pingui casse dell'amministrazione pubblica altoatesina, assai più che tutto il resto. Così il «caso Cortina» è diventato un caso nazionale. Ma cosa pensano i diretti interessati dei tre Comuni bellunesi? Come rispondono alle critiche? E cosa pensano i molti non-ladini-e-non-aspiranti-tali che in quei paesi abitano? E i fratelli separati di Alto Adige e Trentino? Loro cosa ne pensano? Non gli interlocutori istituzionali ladini (in qualche modo obbligati alla solidarietà), ma la gente che abita in Val Badia, in Val Gardena, in Val di Fassa. Sono pronti a tendere la mano agli amici ampezzani e fodomi, o preparano la grande beffa? Abbiamo cercato di capirlo. Siamo andati sul luogo del delitto a abbiamo chiesto, a lungo parlato, e soprattutto ascoltato. Alla fine ne è venuto fuori un quadro tutt'altro che omogeneo. Con significative differenze non solo dentro le tre province, ma da una valle all'altra, da un paese all'altro e in modo trasversale tra le diverse categorie economiche e sociali. Insomma, chi si aspettava la solidarietà incondizionata degli altoatesini o dei trentini alle richieste bellunesi, dovrà in parte ricredersi. Non è così, e questo è già il primo dato di fatto da cui è difficile sfuggire. Soprattutto in Alto Adige la freddezza di gardenesi e badioti di fronte alle richieste di Cortina, Colle e Livinallongo, è palpabile. Anzi, predomina un ulteriore distinguo così sintetizzabile: insomma, sì dai, benino il Fodom, ma gli ampezzani quelli sono lontani. Troppo.
Di questa posizione raccontiamo oggi; domani toccherà invece alle repliche dei ladini bellunesi e infine approderemo in Val di Fassa, per capire cosa pensano i trentini di questo mezza valanga messa in movimento dalle richieste di referendum dei tre Comuni. Che un merito, grandissimo, comunque ce l'hanno fin da oggi: quello di aver costretto tutti i ladini dolomitici a riflettere su se stessi, sulla propria storia e sul proprio futuro. Identità in movimento. Perchè non è detto che le minacce alla propria identità vengano solo dalla povertà di mezzi e di risorse che fa palesemente da sfondo alle richieste - giustificate o meno che siano - dei ladini di Cortina, Colle Santa Lucia e Livinallongo. Diceva un grande greco, Eraclito, che la lampada si spegne per mancanza d'olio o per troppo olio. Quando salendo dalla Val d'Isarco si imbocca la Val Gardena e si entra ad Ortisei, porta ideale della Ladinia certificata e garantita, non può non colpire il visitatore, anche il più distratto - come si leggeva nelle guide di una volta - un gigantesco topastro altro tre metri e fischia, simil WaltDisney, che campeggia a ridosso della strada e che volge lo sguardo al Sella. Ti aspetteresti, che so, un Re Laurino, ma l'orrido topolone proprio no. Fa impressione. Non c'entra un accidente di niente. E sempre lì a poca distanza, si trova il negozio di tappeti persiani «Dariush», un rivenditore di specialità gastronomiche emiliane e un elegante Internet Center. E se proprio vogliamo dirla tutta, neanche mezzo chilometro prima, nel piazzale davanti al negozio di uno scultore gardenese duro e puro, troneggia un elefante in legno quasi a grandezza naturale con tanto di zanne dipinte in bianco avorio. Come noto, tipico prodotto di artigianato ladino. O forse no? Eraclito la sapeva lunga.