«La ciclopista va difesa a spada tratta»
Pietro Matteotti replica alle critiche sull’impatto paesaggistico: «La natura farà il suo corso e alla fine non si vedrà niente»
RIVA. «La ciclopista del Garda è una benedizione per l’economia turistica del nostro territorio e di tutto il bacino gardesano. E non sono affatto preoccupato dell’impatto paesaggistico che sembra profilarsi all’orizzonte: la natura farà il suo corso sistemando ogni cosa». Pietro Matteotti ha più di un buon motivo per dire la sua sull’opera più importante (in attesa che parta il cantiere del tunnel della Loppio-Busa) della storia recente dell’Alto Garda, ovvero la ciclabile che a lavoro finito collegherà tutte le sponde del Benaco toccando anche Limone, Riva, Torbole e Malcesine. Innanzitutto lo può fare per la sua professione di ingegnere civile, poi per la conoscenza maturata nei numerosi viaggi in diverse capitali europee all’avanguardia nel campo della mobilità leggera, quindi per i lunghi trascorsi da amministratore comunale ed infine per la sua grande passione per la bicicletta, mezzo che utilizza spesso e volentieri negli spostamenti quotidiani. «Pedalo quasi ogni giorno, non solo per divertimento ma anche come alternativa all’auto – spiega l’ingegnere e docente rivano – e di sistemi viabilistici incentrati sulla mobilità leggera ne ho visti tanti in giro per l’Europa. Investire sul sistema ciclabile significa investire sul futuro. La pista del Garda è assolutamente strategica, come dimostrano le analisi sul ritorno economico di quest’opera, e mi sento di difenderla a spada tratta anche dalle critiche sull’impatto paesaggistico che sento e leggo in riferimento ai lavori che sono in corso di svolgimento sul tratto di sponda bresciana che da Limone sta salendo fino al confine con Riva e con il Trentino. Posso dire, basandomi sulle mie conoscenze ed esperienze, che la natura, alla fine, farà il suo corso e la vegetazione andrà a mitigare e ad annullare l’impatto sul paesaggio».
Per l’ex vicesindaco di Riva la pista ciclabile a sbalzo sul lago è da realizzare senza tanti se e ma. «Anzi, siamo in ritardo rispetto a quello che si sarebbe potuto fare una decina di anni fa - sottolinea con un pizzico di rammarico - se solo me lo avessero lasciato fare. Oggi avremmo già la ciclabile realizzata da un bel pezzo. Ad ogni modo meglio tardi che mai. Solamente qualche albergatore illuminato e l’Apt hanno finalmente compreso la portata dell’operazione e la sostengono così come mi sento di spezzare una lancia in favore dello sforzo profuso dal presidente della Comunità di Valle che su questa partita si è speso forse più di tutti».
L’idea di istituire una sorta di “ferry bike”, lanciata dal fronte avverso alla ciclopista, non convince Matteotti: «La nave impiegherebbe una ventina di minuti, se non di più, a fare la spola da un punto all’altro della ciclabile, pertanto se un biker dovesse mancare di un niente la coincidenza sarebbe costretto ad aspettare quasi un’ora. Impraticabile e anche complicato da gestire. Piuttosto bisogna aspettare il progetto definitivo e capire come la Provincia intenderà muoversi, soprattutto quanto larga la si vuole realizzare questa ciclabile. L’ideale sarebbe 3,5 metri ma anche i 3 metri di larghezza andrebbero bene mentre con 2,5 metri lo spazio di percorrenza di due bici, in direzioni opposte, risulterebbe un po’ stretto ma al limite ci si potrebbe accontentare. L’attuale tratto di ciclabile fra Riva e Torbole inizialmente era stato progettato largo 2,5 metri, poi mi sono impuntato con la Provincia riuscendo ad ottenere quel mezzo metro in più che adesso fa la differenza».