L’Atelier l’Étoile della diciottenne Cristina
Fondo, diplomata sarta ha già avviato la propria attività: «Se il lavoro non si trova si deve crearselo»
FONDO. Diciotto anni e tutta l’energia e l’intraprendenza necessarie per coltivare il proprio sogno. Cristina Endrizzi, classe ’99, vive a Fondo e il giugno scorso si è diplomata al Centro Moda Canossa di Trento, dove ha prima seguito il percorso triennale per la qualifica di operatore dell’abbigliamento, poi frequentato il quarto anno facoltativo per diventare tecnico dell’abbigliamento. Da qualche tempo ha avviato la propria attività - l’“Atelier l’Étoile” - e deciso di organizzare la sua sfilata “Note di Stile” nel contesto della fiera “Artigiani oggi e domani”, che si terrà il 7 gennaio al Palanaunia di Fondo.
Come è nata la sua passione?
Da piccola mi ha regalato una macchina da cucire di Barbie e facevo i vestitini alle bambole con i suoi ritagli poi alle medie ho iniziato a disegnare abiti e a giocherellare con la sua macchina da cucire. Lì ho capito che mi sarebbe piaciuto essere in grado di disegnare e creare un vestito da zero, così ho scelto di studiare moda.
C’è uno stilista in particolare al quale si ispira?
Non mi sono mai ispirata a nessuno in particolare, anche se mi trovo molto vicina all’idea di donna che aveva Versace ai suoi esordi: molto sensuale e femminile, ma decisa.
In un periodo piuttosto difficile dal punto di vista lavorativo, soprattutto per i giovani, come mai ha deciso di lanciarsi in questa nuova avventura?
Mi rendo conto di essere un'eccezione rispetto ai miei coetanei, ma credo fermamente che se il lavoro non si trova, bisogna crearselo. Io pratico danza classica fin da quando ero piccola e per anni ho fatto anche ballo da sala. Per esperienza, quindi, so quanto sia difficile reperire i costumi adatti a queste discipline, per farseli realizzare è necessario spostarsi fuori regione o ordinarli online dall’estero. Lo stesso vale per molte altre discipline come la ginnastica e il pattinaggio.
Così hai colto uno spiraglio nel quale intrufolarsi.
Rendendomi conto di questa mancanza, ho “fiutato” un settore dell’artigianato trentino che ancora non esiste e ho pensato “Perché non io?”. Il mio progetto, infatti, è quello di specializzarmi sempre di più nell’abbigliamento tecnico per queste discipline. Al momento realizzo un po’ di tutto, dalle riparazioni agli abiti da sera, ma quello che spero diventerà il mio punto di forza è questo.
Il suo obiettivo per il futuro?
Vorrei diventare una realtà dell’artigianato trentino, mi piacerebbe essere un piccolo punto di riferimento per le varie scuole di ballo e danza locali, pur mantenendo anche l’attività di sartoria tradizionale.
C’è qualcuno in particolare a cui vorrebbe dire “grazie”?
Sicuramente a mia madre, Martina Casari, per avermi prima ispirata e poi sostenuta e aiutata in tutto questo mio progetto. Vorrei ringraziare il mio ragazzo Matteo Largher, che ha da subito creduto in me e mi ha sempre spronata a continuare, anche nei momenti di maggiore sconforto. Io ho avuto le idee e il coraggio di buttarmi, ma senza il sostegno di chi mi vuole bene non sarei riuscita ad andare avanti.