Ideavano un attentato in Trentino: sono marito e moglie ventenni i due kosovari accusati di terrorismo
Primo caso di autoaddestramento sul web, trovate sostanze per esplosivi. Lui giurava fedeltà allo Stato islamico, lei è figlia di un imam estremista di Siena
TRENTO. Sono marito e moglie appena ventenni i due indagati in Trentino per associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, arruolamento ed addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti avrebbero dovuto commettere un attentato - "sicuramente in Trentino, ma non possiamo dire di più", ha spiegato il procuratore capo Sandro Raimondi - per poi andare in Nigeria a combattere con lo Stato Islamico.
Lui si trova agli arresti domiciliari, mentre lei, figlia di un imam considerato estremista e attivo in provincia di Siena, è in liberta. Lui si è radicalizzato sui canali Telegram legati allo Stato Islamico, al punto da procurarsi, anche grazie alle sue competenze lavorative, sostanze chimiche necessarie a sintetizzare fino a 400 grammi di Tatp (perossido di acetone), una miscela che - ha spiegato in conferenza stampa a Trento il comandante del Ros, generale Pasquale Angelosanto - è paragonabile alla pericolosità di circa 280-300 grammi di tritolo.
Primo caso in Italia di autoaddestramento
"È la prima volta che in Italia ci troviamo di fronte ad un radicalizzato in proprio, auto addestratosi sul web, su canali di produzione di materiale operativo dello Stato Islamico, che accantona precursori (sostanze chimiche, ndr) per compiere un attentato. Si tratta di indicazioni che provengono da infusori del pensiero dello Stato islamico che su alcuni video in lingua inglese, francese e araba, parlano di ricette per torte, che sono in sostanza indicazioni su come confezionare un ordigno. Quindi si parla di preparazione militare, con l'indagato che si procura vestiario militare, si fa crescere la barba come gli islamisti kosovari e si prepara ad affrontare questa attività che si doveva concludere con un attentato", ha detto il generale del Ros Pasquale Angelosanto.
Il generale ha inoltre ricordato che l'attentato commesso nel 2009 alla caserma Santa Barbara di Milano, con due feriti tra cui l'attentatore, un libico di 34 anni, era stato fatto con la stessa sostanza: "È la seconda volta che troviamo il Tatp in Italia, la prima in questa quantità. Anche negli attentati in Francia, Belgio e Spagna erano stati utilizzati 4 o 5 chili di questa sostanza che è altamente esplodente e pericolosa", ha aggiunto il comandante del Ros dei carabinieri.
Il viaggio previsto in Nigeria
Dalle indagini dei carabinieri del Ros, con il supporto del Comando provinciale Trento, del Gruppo di intervento speciale (Gis) e del Raggruppamento investigazioni scientifiche è emerso che i due giovani kosovari avevano progettato un viaggio verso teatri di guerra, in particolare la Nigeria, dove è presente una componente regionale dello Stato Islamico a cui lui si sarebbe dovuto legare per partecipare ai combattimenti. "Possiamo ipotizzare che il viaggio sarebbe stato dopo un attentato perché lui si stava preparando", ha commentato il generale del Ros Pasquale Angelosanto in conferenza stampa a Trento, spiegando che dalle indagini è emerso che l'uomo ha acquistato un auto, ma senza pagare poi l'assicurazione, perché era stato programmato un viaggio fino ad Istanbul dove la coppia avrebbe abbandonato il veicolo per poi dirigersi in Nigeria in aereo.
Giurava fedeltà allo Stato islamico
L'indagato, in contatto con una persona legata allo Stato Islamico attraverso internet, aveva anche manifestato apprezzamenti per gli attentati in Europa, come a Manchester nel 2017 e "questo rapporto che va avanti per mesi ha evidenziato un percorso di radicalizzazione violenta dell'indagato che si è via via non solo accostato all'ideologia condividendone scopi e intenti politici", fino ad arrivare a giurare fedeltà allo Stato Islamico nelle mani 'virtuali' di un appartenente al gruppo terroristico. Un percorso di radicalizzazione che - secondo gli investigatori - porta il giovane kosovaro, ben inserito in Italia così come la sua famiglia e quella della moglie - ad assumere posizioni via via più pericolose. Grazie alle competenze da perito tecnico chimico e alla frequentazione del luogo di lavoro - hanno ricostruito gli inquirenti - il giovane è riuscito ad approvvigionarsi di sostanze chimiche che "sono precursori per la produzione di materiale esplodente molto pericoloso, utilizzato in passato sin dal 2004 in Spagna e nel 2005 a Londra, e nel 2015 e 2016 in Francia e Belgio", ha aggiunto il comandante del Ros.