«I cittadini devono esprimersi sul rondò» 

Ravagni e Todeschi contestano all’amministrazione comunale il mancato via libera al referendum



ARCO. Un referendum, ormai lontano quasi più di cinque anni, ritirato poco prima di stabilire la data di votazione; uno, abrogativo, bocciato lo scorso ottobre dalla Corte dei Garanti; uno nuovo, stavolta solo consultivo, in arrivo: strumenti che dimostrano come la questione del rondò di via Roma sia, per il Comitato contrario, composto da commercianti e residenti della zona, decisamente scottante. «Eppure si tratta di proteste che rimangono inascoltate dall’amministrazione», sostengono i consiglieri di minoranza Andrea Ravagni e Bruna Todeschi in un’interrogazione. «Il Comune di Arco, infatti, presenta uno statuto, in cui l’articolo 5 parla della promozione di azioni finalizzate a rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'azione politica e amministrativa, mentre l’articolo 6 li considera soggetti di partecipazione, capaci di un contributo autonomo per il perseguimento degli interessi generali - scrivono i due consiglieri di minoranza - norme che le recenti scelte del Pum, Piano Urbanistico della Mobilità, non sembrano aver tenuto in debita considerazione, finendo per farle diventare solamente degli slogan».

Ad essere contestata dai due consiglieri comunali, la decisione, da parte della Corte dei Garanti – composta dall’avvocato Paolo Bonora, dalla segretaria del Comune di Riva Lorenza Moresco e da Josef Jorg, ex vicesindaco - risalente a circa un mese fa, di cancellare il referendum che avrebbe dovuto annullare il provvedimento di modifica alla viabilità di via Roma, via Marconi e via Garberie. I promotori del quesito referendario speravano infatti di fermare i lavori di costruzione del rondò, per riportare la viabilità al suo precedente doppio senso di marcia. Una speranza che si è scontrata con l’impossibilità di abrogazione di uno strumento di pianificazione già approvato dall’amministrazione. E proprio quest’ultimo sarebbe il punto che Ravagni e Todeschi disapproverebbero al Comune. «La Giunta sapeva che era stato presentato un referendum?», chiedono i due, retoricamente, per poi proseguire: «Perché, pur essendo a conoscenza delle numerose proteste, sono stati appaltati e consegnati lavori che rendono di fatto le scelte definitive?».

Ma la loro interrogazione prosegue oltre: «Quali possono essere, a questo punto, i comportamenti legittimi delle persone per frenare l’amministrazione? Non si ritiene che, in luogo di comportamenti che costringono i censiti all’onerosa presentazione di un referendum, prima di ogni decisione sarebbe opportuna una consultazione tra la gente per verificare l’esito della sperimentazione?». (k.d.e.)

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