A Riva apre i battenti la prima osteria vegana 

A San Giacomo nasce “Officina Verde” negli spazi della mitica birreria “Ok” L’iniziativa promossa dai due soci Andrea Prandi e Alessandro Bonora


di Graziano Riccadonna


RIVA. Per Riva è una novità assoluta: apre un locale completamente vegano, e lo fa collegandosi con la tradizione più genuina delle vecchie osterie rivane. Perciò sceglie San Giacomo, frazione che è qualcosa di più di un relitto abitativo, un vero nucleo di storia.

Per raggiungere la città, da Pranzo-Campi-Giudicarie, si doveva passare da San Giacomo e quindi davanti alla sua Osteria, a nord delle “Anime”, punto di intersezione con la via Ardaro che conduceva dritto alla Porta Montanara, ora San Marco. A San Giacomo è sempre esistita un’osteria, le cui origini si perdono nella notte dei tempi: in base ai documenti storici, Filippo Armani, con la moglie Teresa Mantovani, inizia la gestione verso la fine dell’Ottocento, per poi acquisirne definitivamente la proprietà nel 1906. Nel 1910, rimasta vedova, la signora Teresa ottiene una nuova licenza dal Capitanato asburgico e prosegue con i figli l’attività, compresa l’osteria e generi misti e tabacchi. San Giacomo ospita anche le due caserme Cella e Lipella ed appena più a sud la Damiano Chiesa: moltitudini di militari si avvicendano nella frazione, frequentano l’osteria e lasciano le loro storie; i racconti di chi ha vissuto quel periodo parlano di addestramenti brutali, diserzioni e fughe, nascondigli e gioia di festeggiare la fine delle guerre e il ritorno a casa. Dopo le due guerre i fratelli Armani, alla morte della madre nel 1945, proseguono l’attività fino al cambio generazionale del 1960, quando subentrano Elio e Mario, figli di Luigi. L’osteria è punto di ritrovo per gli abitanti, ristoro per viaggiatori e luogo tipico per i turisti tedeschi di passaggio o che soggiornano al Dom e Roncaglie. Nel 1965 l’osteria è affidata alla famiglia Perrani, da Mantova, durante i lavori di allargamento della via del Tombio. Dopo i Marocchi, dal 1968 al 1975, la gestione ritorna in famiglia con Bortolo Socin e Emilia Lutteri, zia di Elio e Mario. Il resto è storia dei nostri giorni e si riparla di trattoria: prima con la famiglia Esposito, originaria di Napoli, e in seguito con la signora Fraier, che assieme alle figlie gestisce il locale fino ai primi anni Ottanta. Con la Osteria Ok, la birreria riprende la vecchia denominazione di “Osteria”.

Lo scorso anno la svolta, con i nuovi proprietari che rilevano il vecchio stabile Armani per tornare alla vocazione primitiva, ma con una ventata di nuovo, l’insegna “Osteria” diventa “Officina”, questa volta coniugata con il biologico e il vegano: la “prima” volta a Riva. Artefici due amici e soci, Andrea Prandi e Alessandro Bonora: il primo cuoco con esperienza lavorativa in Cartiera prima di prendere la via dell’alberghiera; il secondo informatico convertito al biologico. La novità è l’osteria biologica e vegana, unita alla prima sfuseria dell’Alto Garda e la prima sfuseria vegana in Italia. Nel negozio annesso si trovano alimenti di ogni tipo, biologici e da filiera corta, acquistabili esclusivamente sfusi. Come nelle botteghe di oltre mezzo secolo fa, ma adeguata ai tempi moderni: dalla pasta all’aglio, zenzero e farro, orzo, pepe di mille colori (tutto sfuso). Al grido di «No pack, no stress», per comprare solo quello che serve.

Perché la scelta biologica e vegana? «Officina Verde nasce dalla nostra voglia di realizzare un progetto che rispecchi i nostri ideali di cucina (e vita) sostenibile - spiegano i due soci - siamo fermamente convinti dell’importanza delle materie prime utilizzate e proprio per questo abbiamo deciso di ricercare attentamente i nostri fornitori andandoli a visitare direttamente in azienda così da poter comprendere al meglio la filosofia che li contraddistingue».“La quasi totalità degli ingredienti dei nostri piatti è di origine italiana, biologica e dove possibile a km0. Crediamo sia fondamentale prestare attenzione ai prodotti non soltanto per la nostra salute ma anche per salvaguardare l’ambiente che mai come oggi risente dei danni prodotti dall’uomo».

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