L'agonia di via Santissima Trinità
Chiude un negozio dietro l'altro. Ne resteranno aperti soltanto due
TRENTO. Prima di Natale è toccato a Moda Martina, in gennaio a Mad House, abbigliamento giovane. Tra una settimana abbasserà le serrande il negozio di calzature da bambino Junel e poi verrà il turno della boutique di Giuliana Florenzano. Nella parte bassa di via Santissima Trinità resterà solo un negozio di confezioni, aperto 42 anni fa. Solo in mezzo al deserto. Per trovare un'altra vetrina non in disarmo bisogna arrivare ai piedi della Torre del Massarello, dove resistono le antichità di "Complemento oggetto", che però non fa testo perché è arrivato solo un anno fa. Due i pubblici esercizi aperti: il Pub Posta e lo storico ristorante Al Tino. Via Santissima Trinità vive ormai solo nel passato di 30 o 40 anni fa. «Allora c'erano le sementi vendute dalla Casa dell'agricoltore, che creavano un bel giro, poi l'arrotino Scartezzini, fino al 1971 abbiamo avuto anche un ingrosso», ricorda Lorenza Leveghi, che dal 1969 lavora in un negozio che si chiama semplicemente "Abbigliamento", senza tanti fronzoli. «Pensi che eravamo in tre commesse più la principale. Da cinque anni la titolare sono io: fino a un paio di stagioni fa non andava male, potevamo permetterci la commessa. Adesso non più: i miei clienti sono pensionati, che hanno anche loro problemi di soldi». Sono le quattro del pomeriggio e Lorenza inganna il tempo chiacchierando con una collega di piazza Garzetti. Il negozio è vuoto e vuota è anche la strada. «Qui siamo in centro ma è come essere fuori», continua. «Già via Mazzini mi sembra un'oasi...». E infatti basta mettere la testa fuori dalla porta per "invidiare" lo struscio della via vicina, già a quest'ora discretamente affollata tra gelaterie, bar e attività commerciali. Stringe i denti, la commerciante: «Chiudono tutti, noi facciamo le corna, sperando di arrivare alla pensione. Però è dura: di tasse non sanno più cosa volere, di affitto pure... e la fine del mese è subito lì. Quando chiama la commercialista mi viene un colpo: c'è sempre qualche rata da pagare». Dall'altra parte della strada il panorama è deprimente. Sulla vetrina a oblò di Moda Martina spicca il cartello "affittasi"; dentro si scorgono i ripiani di vetro vuoti e la cassa incappucciata da una custodia di plastica. Da Giuliana Florenzano, un foglio scritto a mano avvisa i clienti che l'apertura è ridotta al mattino, mentre uno striscione bianco che pubblicizza la "Vendita promozionale" attraversa la vetrina per tutta la sua lunghezza: giacche a 50 euro, gonne a 30. Ancora aperto Junel calzature, ma per poco. «Massimo un mese e vado via», dice Chiara Pegoretti, che è qui da otto anni. «Questa è una via chiusa al commercio, per non dire morta. Guardi: di gente non ne passa...». Solo gli affitti sono da centro storico: «Non scherzano: 2 mila euro per 50 metri. Mi sono guardata attorno ma non trovo alternative accettabili. Cosa farò adesso? Ancora non lo so».
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