LA MOSTRA»DA SABATO ALLE GALLERIE DI PIEDICASTELLO

di Paolo Piffer I Futuristi non avevano dubbi. La guerra che si avvicinava sarebbe stata salutare, igiene del mondo per una società rammollita dalla Belle Epoque. Non se ne pentirono, perlomeno...


di Paolo Piffer


di Paolo Piffer

I Futuristi non avevano dubbi. La guerra che si avvicinava sarebbe stata salutare, igiene del mondo per una società rammollita dalla Belle Epoque. Non se ne pentirono, perlomeno quasi nessuno, ma da Doss Casina, sopra il lago di Garda, alcuni di loro se ne andarono in fretta, non appena sentito il tanfo della prima linea. Per non parlare di Gabriele D’Annunzio, il poeta-vate, tanto deciso nell’aizzare e propagandare l’intervento quanto attento a non sporcarsi le mani nel fango. A un secolo di distanza dalla Prima guerra mondiale che si ricorda in questi mesi, fino al 2018, termine di un mondo e inizio di un altro, artisti e intellettuali hanno un ben diverso atteggiamento nei confronti della guerra, dei tanti conflitti contemporanei, dal Medioriente alla Siria, dall’Iraq all’Afghanistan. Con le dovute eccezioni, ieri come oggi. «Il loro è un grido di pace», scandisce Franco Savignano, artista pure lui, titolare della cattedra di scenografia all’Accademia di Belle arti di Bologna, curatore della mostra “Segnali di guerra. Una riflessione attraverso l’arte contemporanea” che gli è stata commissionata dalla Fondazione Museo storico del Trentino e che sarà inaugurata sabato (alle 11,30) alle Gallerie di Piedicastello a Trento (rimarrà aperta per quasi quattro mesi, fino al 29 gennaio del prossimo anno), presente, così è stato annunciato, ma non si sa mai, Vittorio Sgarbi, il critico d’arte, polemista, politico, saggista ferrarese che di ogni suo intervento (e presenza) fa uno show. Il Museo storico del Trentino, con questa proposta, sperimenta nuovi percorsi, tangenziali alla sua mission, perlomeno temporaneamente. «Cerchiamo – ha affermato il direttore Giuseppe Ferrandi ieri alla presentazione svoltasi a palazzo Roccabruna – di scompaginare i piani di lettura e rappresentazione delle guerre attraverso una riflessione sull’arte capace di suscitare indignazione e riflessione critica. Senza per questo volerci sostituire ad altri, sia ben chiaro (vedi Mart e Buonconsiglio, ndr)». Superati i dubbi sulla tenuta “climatica” delle Gallerie che qualche apprensione per la conservazione delle opere devono aver destato, almeno in un primo momento, a causa del tasso di umidità e ossigenazione dei vecchi manufatti stradali, gli ultimi cento metri verso nord del tunnel “bianco” ospiteranno una settantina tra quadri, fotografie, sculture e installazioni di 35 artisti, italiani, parecchi già passati dalla Biennale veneziana. Su tutti, Mimmo Paladino, tra i capofila della Transavanguardia, con il suo grande “Elmo” in alluminio, del 2004, ma pure, per citarne alcuni, dalla A alla Z, Arcangelo, con un paio di tele astratte, il fotografo Matteo Basilé, Nicola Zamboni che porta “la tessitrice”, grande installazione in rame e terracotta, Wainer Vaccari, grafico e illustratore, qui con alcuni olii, il fumettista Marcello Jori, l’informale Mario Nanni con “i giochi della metamorfosi”. Figurativi e astratti, noti e meno conosciuti, giovani o più in là con gli anni, «gli artisti, qui rappresentano – sottolinea la critica Vittoria Coen, già direttrice della Galleria civica, nel suo intervento presente nel catalogo – un variegato caleidoscopio di interpretazioni del tema della guerra, così attuale, così, in un certo senso, purtroppo, evergreen. È presente il versante astrattista della ricerca, quello volto all’introspezione, al guardarsi dentro per interrogarsi sui perché. Accanto, la figurazione, la trasfigurazione, la rappresentazione di ciò che evoca la guerra. In mezzo l’aria che si percepisce è quella di una tensione intellettuale. Gli artisti di oggi non sono i Futuristi di ieri, odiano la guerra in tutte le sue mille apparizioni e manifestazioni». Potrebbero esserci anche un paio di giovanissimi street artist, Pietro Battaglia e Davide Zulli. Ma per andare di stencil e quant’altro sulla “bianca” mancano ancora alcune autorizzazioni. Ed eventualmente, quindi, si tratterà di opera e lavoro dell’ultimo minuto.

«Sarà un momento espressivo di una particolare voce corale – sottolinea il curatore, Franco Savignano – In cui artisti diversi, con punti di vista e stili differenti, dialogano tra loro e si relazionano all’interno degli spazi museali delle Gallerie».













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