L’idea di Salvotti: una torre di 37 metri in piazza Battisti
La provocazione del noto architetto «per ridare identità a Trento». In cima una sala «magica» e anche un caffè
TRENTO. Ci si può sbizzarrire chiamandola provocazione, idea, proposta, meraviglia, genialità, stravaganza, assurdità. Al lettore curioso la possibilità di andare oggi stesso in piazza Cesare Battisti e in un bar guardarsi il relativo plastico, realizzato in sala 1:100 dall’artigiano Luca Bortolotti. Certo è che quanto propone l'architetto Giovanni Leo Salvotti è un sasso nello stagno su come e cosa si deve fare di piazza Cesare Battisti, più conosciuta come piazza Italia. Non rifacciamo la storia delle proposte. Sarebbe lunga quanto la storia della Pirubi: una litania di sì, di no e di forse.
Ma analizziamo il progetto Salvotti, architetto polemico e non nuovo ad idee bizzarre se non rivoluzionarie. Dunque nella piazza Cesare Battisti, che è quadrata con lato di 38 metri, potrebbe sorgere una piramide di materiale trasparente con una base di 37 metri di lato, disposta quattro-cinque metri sopra il livello della piazza. Il vertice della piramide sarebbe a 18 metri di altezza. A questa soglia, sempre in materiali perfettamente trasparenti, verrebbe situata quella che l'architetto Salvotti chiama “Sala delle Signorie”. Per cosa intenda il professionista trentino per “Sala delle Signorie” non è tanto facile da spiegare. In questo ambiente in un gioco di contrapposti elementi elettronici informativi, (video, musiche, effetti speciali) il frequentatore farebbe una full immersion culturale (ma anche “spettacolare”) in un continuo ping pong di tesi e di antitesi, di analisi e sintesi, di semplici emozioni e di profondi concetti. Queste “esternazioni” creerebbero un gioco dialettico e dovrebbero essere continuamente aggiornate da una regia culturale che potrebbe benissimo avere il suo cervello al Muse. Al centro della piattaforma chiamata “Sala delle Signorie” sbucherebbe dal basso e salirebbe una torre con base quadrata di 4 metri di lato, alta, in totale, 85 metri. La torre conterrebbe scale a “chiocciola” che “fasciano” l'ascensore che porterebbe ai 75 metri di altezza dove dovrebbe essere creato il “Caffè concerto”, una delle realtà di costume che nel secolo scorso sono venute a mancare a Trento. Dieci metri sopra il “Caffé concerto”, a 85 metri, una terrazza panoramica per godere la vista sulla città. Non è finita. Da questa terrazza svetterebbe una guglia, ovvero una fiaccola di cinque metri, una sorta di Madonnina del Duomo di Milano o, se si vuole, la vetta della Torre Eiffel.
Costo dell'operazione? L'architetto non si sbilancia. Pensa a non più di 10 milioni di euro. Il significato di tutto questo? Per capirci è utile trarre una frase dalla prefazione di un recente pamphlet dell'architetto dal titolo tanto aulico quanto caustico “Ave Tridentum dissolutio idemitatis te salutat” (Salve Trento, la dissoluzione della identità ti saluta), in cui, tra l'altro, si legge: “La città del tridente in ossequio all'apparato oggi al potere ritiene di rivolgersi alla tecnica e alle figure che in senso metaforico la rappresentano per chieder loro un farmaco che dissolva la carie dell'identità di cui il tridente soffre e non si cura lasciando nell'ombra della tecnica la dimensione trascendente...” Poi, parafrasando sarcasticamente l'incipit della Divina Commedia, l'architetto ci mette il carico da undici: “Nel fluir del cammin di nostra vita mi trovai in una selva edile rozza e dura dove la dritta via era sgradita.” Tradotto: La città ha smarrito l'aspirazione ad avere una sua propria identità, quel qualcosa che contribuisca a farla emergere in Italia e in Europa come emerse 500 anni fa durante il Concilio. Questa struttura di vetro non ha ancora un nome, ma il sasso nello stagno è stato buttato.