«Io, castellana convertita al biologico»

Castel Campo, Marina Rasini abita stabilmente nel maniero da dieci anni e coltiva i 17 ettari a frumento, orzo e farro


di Sandra Mattei


CAMPO LOMASO. Il Castello, in questi giorni miti di autunno, offre il meglio di se: la vite americana che ricopre i merli delle mura e le pareti dell'entrata principale, che si affaccia sui verdissimi campi del Lomaso, è accesa dai toni rossi e arancioni, e sulla scalinata di acciottolato, si crogiolano beate le due gatte e la cagnolina Zoe.

È Castel Campo, il maniero di proprietà della famiglia Rasini, che si scopre solo inoltrandosi nelle distese di granturco che circondano il paese Campo Lomaso, scendendo verso la valletta che scava il rio Rezola alla confluenza con il torrente Duina. E l'apparizione che si ha, uno volta addentrandosi nel bosco, è quella di un luogo incantato. La storia della famiglia che l'abita potrebbe essere da fiaba, ma non è proprio così. Pensi ai proprietari di un castello e ti immagini una vita di agi e ozi.

Ed invece, ed è un'altra sorpresa, quella che racchiude Castel Campo, l'attuale castellana, Marina Clerici, vedova di Michele Rasini, è diventata una “contadina” a tutti gli effetti ed ha fatto la scelta coraggiosa di trasferirsi tutto l'anno nel castello e di darsi all'agricoltura biologica. «Sono arrivata qui stabilmente – racconta la signora Marina – una decina di anni fa. Qualche anno prima era morto mio marito, improvvisamente, a soli 46 anni ed ho sentito il richiamo di questo luogo, che mi ha permesso di confrontarmi con la vita e con la morte e che mi ha dato l'energia per riprendermi da questo grande dolore. Il castello e il luogo in cui è inserito hanno un'energia tutta speciale: un edificio con una storia secolare, intimamente legato alla natura, ed io ho scelto di seguire di nuovo i ritmi e i raccolti di un tempo».

È così che Marina Clerici Rasini ha ripreso possesso del maniero che negli ultimi decenni del Novecento aveva conosciuto un lento degrado, dopo che nei secoli precedenti, da quando se ne ha notizia (la prima volta che viene menzionato in un documento è nel 1211), ha rappresentato per la valle e la popolazione un riferimento, non solo per la difesa dalle continue razzie e scorribande nel Medioevo tra conti d’Arco e Lodron, ma anche per i periodi di carestie e pestilenze, che si sono alternate nel passato (vedi il box sopra, ndr.). Tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento (quando passa alla famiglia di imprenditori milanesi Rasini), è il periodo di maggior splendore, grazie al figlio di Cesare Rasini, Giovanni ed a sua moglie Thea, appassionati d'arte e di cultura, i quali creano un cenacolo artistico. Anche la poetessa Ada Negri soggiornò spesso tra le mura secolari e Thea, che divenne una terziaria francescana, contribuì al restauro del convento francescano poco distante che oggi è definitivamente chiuso.

Forse sulle tracce di quel periodo di grande fermento intellettuale, ma anche di aiuto alla popolazione che era molto povera, l'attuale proprietaria ha deciso di ispirarsi, ricostituendo un cenacolo di artisti e musicisti. Per anni è stato anche meta di matrimoni e, l’anno scorso, in gran segreto, si è sposata anche la cantante Skin, già leader degli Skunk Anansie. Castel Campo, in estate diventa un palconscenico. In parte, il merito è del sassofonista Federico Mondelci, musicista che spazia dalla partecipazione ad orchestre (Filarmonica della Scala, di San Pietroburgo) alle collaborazioni con grandi autori (Nono, Kancheli, Glass, Donatoni, Sciarrino), ideatore di concerti e stage per allievi, in parte è delle figlie Olivia, Sophie e Thea, la prima artefice delle “Cene con delitto”, essendo attrice del Teatro a molla a Bologna, mentre le altre lavorano con i bambini malati, attraverso la Fondazione di Paul Newman, “Seriuos Fun”.

Ma, tornando all’agricoltura biologica, Marina Rasini possiede 17 ettari di campi, prima coltivati a mais e patate e che ora danno un raccolto diversificato di farro, frumento, orzo, grano antico. Il primo approccio, è stato quello di dedicarsi alle piante officinali, come l’achillea, l’ortica, la calendula e la lavanda. «Poi - racconta Marina - una volta entrata nell’ottica dell’agricoltura, ho iniziato a documentarmi, leggendo un sacco di libri sulle coltivazioni del passato e sulle biologiche. Grazie ai tecnici della Fondazione Mach ho iniziato qualche anno fa a coltivare alcuni ettari di farro e frumento biologici e i risultati sono stati buoni, tanto è vero che ora il raccolto va molto bene, senza nemmeno utilizzare letame, in alternativa usiamo bio fertilizzanti e il sovescio. Il frumento è destinato anche ai gruppi acquisto solidale di Trento e Rovereto. Seguo anche un progetto europeo per associare le piante officianali al turismo, con il Servizio coltivazioni biologiche della Provincia».

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