«Centraline, basta incentivi» protesta degli ambientalisti 

La delusione per il via libera della Provincia all’impianto sul torrente Arnò Siligardi: «Il fiume deve essere considerato un corpo vivente e va tutelato»


di Maddalena Di Tolla Deflorian


TRENTO. La delusione è forte, la notizia è recente: alla fine, dopo tante manifestazioni e convegni, la Provincia di Trento ha approvato la valutazione d’impatto ambientale, positiva seppur con alcune prescrizioni, per la costruzione della discussa centralina mini-idroelettrica sul torrente Arnò, in val di Breguzzo, nel comune di Sella Giudicarie. Con questo le critiche e le preoccupazioni degli ambientalisti trentini nei confronti della politica provinciale per la gestione delle acque aumentano. Ieri mattina, attraverso l’intervento del portavoce del Comitato permanente per la difesa delle acque trentine, Mauro Finotti, sono state espresse ancora una volta, commentando anche questa recentissima notizia per loro negativa, in una conferenza stampa svoltasi nella sede di Legambiente e Italia Nostra, in via Oss Mazzurana. Finotti ha sintetizzato proposte e contrarietà del Comitato. Le proposte sono due: innanzitutto si chiede, con una lettera indirizzata dal Comitato nazionale Free Rivers ai presidenti di Regioni e provincie autonome, che la bozza del Decreto incentivi alle Fonti Energetiche Rinnovabili sia approvata come è stata presentata. La nuova versione infatti – dicono gli ambientalisti – sarebbe un primo passo verso una maggiore tutela dei corsi d’acqua alpini, perché non rinnova gli incentivi economici a buona parte degli impianti idroelettrici installati su corsi d’acqua naturali, mantenendola inalterata per gli impianti su corsi d’acqua artificiali, e acquedotti. Adesso il decreto dovrà ottenere il parere non sarà vincolante, delle Regioni italiane.

La seconda proposta presentata ieri è uno strumento tecnico nuovo, migliore secondo il Comitato del vigente «Deflusso minimo vitale», che regola la quantità minima di acqua che gli impianti di derivazione idroelettrica devono lasciare al fiume e alle sue forme di vita. Lo strumento nuovo, illustrato ieri dal professor Maurizio Siligardi, è il «Deflusso minimo ecologico», che considerando il fiume non come un semplice corso d’acqua ma come un corpo vivente, sarebbe meglio capace di tutelarne la biodiversità e le funzioni ecologiche. Peccato che all’orizzonte incombano due minacce: la prima è il Protocollo d’Intesa approvato in agosto di quest’anno fra la Provincia e il Coordinamento dei consorzi irrigui della val di Non, che dimezzerebbe il Dmv sui fiumi nonesi, per favorire la produzione di mele, che è aumenta (quasi raddoppiata). Gli ambientalisti si dichiarano nettamente contrari: «Questo vanificherebbe lo sforzo per portare l’irrigazione dell’agricoltura trentina al sistema a goccia», ha criticato Mauro Finotti. «Adesso è tempo di non aumentare la produzione di mele per ettaro oppure di evitare nuovi impianti». La seconda minaccia per le acque trentine è data da una delibera, approvata e spuntata quasi in segreto, che introduce una sperimentazione per ridurre i deflussi minimi vitali su alcune opere di presa. Torna dunque a due passi dalle elezioni, senza discussione pubblica, l’accordo, sventato a ottobre del 2016, fra la Provincia, ancora una volta, e Hydro Dolomiti Energia. L’assessore Mauro Gilmozzi al convegno di Malè su questi temi, a maggio del 2017, aveva fatto promesse importanti agli ambientalisti. Adesso si direbbero dimenticate.















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