Altavalle, come ripopolare i piccoli paesi di montagna

Il Comune nato due anni fa dalla fusione di altri quattro “esporta” in Piemonte le esperienze culturali con cui si mette in discussione e combatte l’isolamento


di Daniele Erler ; di Daniele Erler


di Daniele Erler

ALTAVALLE

Ci sono paesi, e ci riferiamo in particolare alle comunità montane in giro per l’Italia, che sfruttano le loro caratteristiche particolari – e sì, anche le oggettive difficoltà – per cogliere nuove opportunità. E fra loro c’è anche un piccolo centro dell’alta Val di Cembra, che anzi proprio dalla sua particolare posizione geografica ha preso il nome: Altavalle.

Il Comune è nato meno di due anni fa dalla fusione fra Faver, Grauno, Grumes e Valda. Da ormai qualche tempo questa parte del Trentino è diventata una sorta di laboratorio di idee: un luogo dove si sperimentano nuovi modi di vivere la montagna, ricostruendo la propria tradizione attraverso la prospettiva di sviluppo del turismo sostenibile. Per farlo Altavalle si è levata di dosso i panni della comunità isolata della Val di Cembra: ha iniziato a guardarsi attorno, si è messa in discussione nel confronto con altre realtà simili. L’esempio più recente è di soli pochi giorni fa.

Dal 29 settembre al primo ottobre, Altavalle ha partecipato a una tavola di riflessione sulla “Scuola di memoria attiva per le comunità che (ri)abitano la montagna”, organizzata dalla Fondazione Revelli in provincia di Cuneo, alla Borgata Paraloup. Al di là dei contenuti del confronto, la vicesindaco Vera Rossi sottolinea l’importanza del «dialogo fra piccoli». Non a caso Altavalle ha aderito all’associazione nazionale “Rete dei piccoli paesi”: una sorta di ponte che unisce fra loro realtà montane da tutto il Paese. In fondo questi paesini hanno spesso caratteristiche molto simili: nel confronto fra “buone pratiche” possono nascere esempi da imitare.

L’aspetto più interessante è che il dialogo non è il solito rapporto, un po’ asettico ed estremamente tecnico, fra amministratori. Si punta molto invece sulle associazioni e su tutte quelle attività sociali che, in giro per l’Italia, stanno lavorando per rivitalizzare le comunità montane. Si scopre così che molte volte la rinascita in montagna passa proprio dalla cultura. «Però – precisa la vicesindaco – parliamo di un concetto di cultura molto ampio e declinabile in più direzioni: dai saperi pratici alla memoria storica, dai musei al teatro, dall’artigianato alla biodiversità».

In questo ambito Altavalle, con realtà locali come l’associazione “.doc” e la Sviluppo Turistico Grumes, ha molto da insegnare. A partire dal progetto “Ci sarà una volta”, una sorta di narrazione di comunità che ha coinvolto i paesani nel recupero delle proprie storie. O ancora la realizzazione di una rivista, chiamata simbolicamente “Altavalle360”. Fino forse al punto più alto, quest’estate: il “Festival di Contavalle”. A fine agosto nelle piazze dei quattro paesi si sono ritrovate compagnie di teatro civile provenienti da varie zone d’Italia, tutte realtà nate in piccole comunità montane. Sono compagnie che hanno trovato nel teatro, nella musica o nell'arte, insomma nella cultura in generale, la chiave della propria “ri-esistenza”, per opporsi allo sfaldamento delle proprie comunità. Altavalle insomma, da centro isolato del Trentino, è diventata d’improvviso un esempio, con tutte le caratteristiche per essere esportato al di fuori della provincia.













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