«Un po’ incosciente il mio amore per la montagna»
ARCO. È tutta una questione in famiglia, per Giuliano Emanuelli, vincitore lo scorso venerdì del Premio Marchetti, il legame con la Sat di Arco. «A trasmettermi la passione per la montagna - racconta...
ARCO. È tutta una questione in famiglia, per Giuliano Emanuelli, vincitore lo scorso venerdì del Premio Marchetti, il legame con la Sat di Arco. «A trasmettermi la passione per la montagna - racconta - è stato mio padre, che fu, del resto, tra i cinque promotori del “Coro Castel”, fondato nel 1966. Lui amava l’alpinismo e ha insegnato a mio fratello Giancarlo e a me a fare lo stesso». «Quello che c’ha perso la testa, però, alla fine sono stato io - scherza - il primo bollino di appartenenza alla sezione l’ho ricevuto nel 1959. Da lì, pur essendomi allontanato per un periodo dal gruppo, per seguire altri sport come l’atletica leggera, l’alpinismo mi è sempre rimasto nel cuore». Una passione, quella di Giuliano per i monti e le ferrate, che negli anni non è mai andata scemando: «Oggi, a 76 anni, sono in pensione dal mio lavoro di tipografo e cerco di andare in montagna almeno un giorno sì e un giorno no». E, avendo avuto l’intuizione, fin da giovane, di annotare su un taccuino ogni escursione fatta, calcolare i suoi successi è piuttosto semplice: sono circa 6000 le cime scalate in tutta Europa, di cui 2458 per la prima volta (dallo stesso Giuliano, non in assoluto). «Non sono però mai stato un patito delle altezze - prosegue - non mi interessava arrivare più su possibile, ma andare in posti sempre nuovi, mettermi alla prova, provare emozioni. Ecco perché tra i miei ricordi più belli ci sono le rocce a livello del mare della Sardegna e della Corsica».
Per Giuliano il Premio Marchetti, rappresenta dunque, oltre che un coronamento della propria “carriera” di alpinista, anche una sintesi della propria storia personale e familiare. «Mi ha emozionato moltissimo poterlo ricevere davanti a centinaia di persone», commenta ancora. Tra i successi celebrati attraverso il riconoscimento triennale dedicato a Italo Marchetti, infatti, non solo le intuizioni sullo sviluppo delle falesie del Colodri e i suoi studi, come la guida “Vie di roccia e grotte dell’Alto Garda” in parte scritto col dottor Ischia e il libro “Arco e la Sat”, bensì anche e soprattutto il suo amore per la montagna. «Un amore che è stato un po’ incosciente, perché non sono stato un modello di alpinista, anche solo per il fatto che ho sempre viaggiato in solitaria - conclude - però allo stesso tempo un sentimento baciato dalla fortuna e molto sincero».